Élites locali e potere
Sommatino 1860-1865


di Filippo Falcone


Un breve sguardo storico su Sommatino
nel decennio 1850-60



Da alcune relazioni sulla situazione socio-economica, il Comune di Sommatino tra gli anni cinquanta e sessanta dell'Ottocento, pervenuteci dal Fondo Intendenza e Prefettura dell'Archivio di Stato di Caltanissetta, si apprende che il suo territorio era compreso tra i feudi di Marcatobianco e Gebbiarossa a "tramontana" (nord), quello di Gallitano a "levante" (est), il fiume Salso a "mezzogiorno" (sud) e i feudi di Gibbesi e Gebbiarossa a "ponente"(ovest).
Esistevano quattro laghi definiti "temporanei": il primo denominato Lago grande, il secondo Grottille, il terzo di Manganello e il quarto Burgio.
Presenti erano due mulini ad acqua per la macina del grano, Conte e San Pietro ed uno a macchina; tutti siti in zona Gibbesi.
Le malattie che sovente si sviluppavano tra la popolazione, specie nei mesi estivi, erano soprattutto le febbri gastritiche, talvolta accompagnate da sintomi "verminosi"; ciò a causa dell'abuso di frutta di stagione che si trovava abbondante nell'aperta campagna circostante il paese.
Nei periodi invernali frequenti erano, invece, le "peripneumonie infiammatorie" (alterazioni polmonari), dovute al freddo rigido, a causa della posizione geografica del paese posto ai venti di tramontana.
In una di queste relazioni è scritto:"le malattie d'inverno sogliono attaccare la gente di campagna perché più esposta all'ambiente freddo, per occuparsi alle gionaliere fatiche, onde riparare i bisogni delle proprie famiglie".
Le occupazoni lavorative della popolazione sommatinese erano principalmente l'agricoltura e l'estrazione dello zolfo, ma non mancavano calzolai, falegnami, sarti, fabbri, marmieri, barbieri, ecc. Si registrava anche la presenza in loco di alcuni telai per la tessitura delle stoffe, soprattutto cotone e materie miste, a cui si dedicavano a domicilio prevalentemente giovani donne e ragazze.
I maggiori prodotti dell'agricoltura dell'epoca a Sommatino erano costituiti da: frumento duro e tenero, orzo, riso nostrano, fagioli,fave, olio di oliva, cacio, vino e pane(quest'ultimo "di prima sorta e di seconda sorta"). Le strade interne si presentavano assolutamente prive di selciato ed è facilmente intuibile la condizione di pessimo stato della pulizia urbana. Addirittura, quasi del tutto impraticabili si presentavano le arterie di comunicazione esterna, speciamente dopo i periodi abbondanti piogge invernali. Per quanto riguuardava le acque pubbliche, aprrendiamo che in quegli anni i sommatinesi potevano attingere alle abbondanti sorgenti della vicinacontrada Corvajam indicate come di "ottima qualità" ed usate sia per le popolazione che per gli animalimda lavoro.
Lo "stato abitativo" del paese era composto di circa 1500 abitazioni, presenti erano due "fondaci" (osterie-albergo) e tre chiese: Madrice e Madonna dell'Itria(vicine alla piazza) e S. Antonio Abate(nell'omonimo quartiere).
Due erano i corsi di scuola comunale: primaria e secondaria(corrispondenti, grossomodo, alle odierne elementari e medie); ma ve ne era anche una privata, frequentata dai figli dei benestanti del paese. Della primaria si occupava il reverendo Giovanni Catanese, della secondaria don Salvatore Tricoli, di quella privata don Antonino Falzone.
Il numero complessivo degli scolari non superava i 50 circa e l'analfabetismo occava punte di quasi il 90% della popolazione. D'altronde, in merito, in una delle relazioni quegli anni si affermava che:"solo il ceto civile fa istruire i propri figli nelle belle lettere", così come il ceto artigiano insegnava il mestiere ai propri figli, tramandandolo in generazione in generazione. Quasi sempre i figli dei contadini erano destinati a fare i contadini e quelli degli zolfatari gli zolfatari.
Riporta l'Annuario statistico italiano del 1864 che, nel 1860-61, non tutti i 358 comuni dell'isola avevano scuole elementari. Si contavano appena 15mila alunni e circa 6mila alunne, che rappresentavano solo lo 0,86% della popolazione in età scolare, con un rapporto inferiore a quello di ogni altra regione italiana. Dall'insufficienza dell'insegnamento statale solo le famiglie agiate, avevano la possibilità di supplire con iniziative di carattere privato.
La povertà investiva la quasi totalità della popolazione, fino ai limiti estremi e frequenti erano le donne costrette finanche ad abbandonare le proprie creature, appena partorite, alla "ruota dei trovatelli"; non sempre si trattava dei cosiddetti "figli del peccato". L'abbandono infantile - in quell'epoca - era molto frequente anche a Sommatino e i "projetti"(come allora venivano chiamati i neonati abbandonati) erano, nel decennio in esame almeno 30-40 l'anno. Dei piccoli trovatelli si occupavano delle "nutrici", pagate dal Comune sotto la tutela di una Deputazione dei projetti, affidata alla guida di rappresentanti della municipalità e del clero locale.
Elevatissimo era il tasso di mortalità infantile, a causa dell'assoluta mancanza di prevenzione e di rimedi alle malattie neonatali che offrivano moltissimi nascituri alla falce inclemente della morte. In merito il dato locale non si distaccava di molto dalle dimensioni qualitative del triste fenomeno, come apparve in tutta la sua evidenza da quanto i primi servizi statistici del nuovo Stato unitario permisero di misurare, a partire dal 1863, i decessi dei primi anni di vita distinti analiticamente per classi annuali, mettendo in evidenza il peso della vera e propria mortalità infantile, che fu del 228,7% nel solo triennio 1863-1865(3).
Di quella che oggi potremmo definire la gestione della "cosa pubblica" si occupava un'amministrazione attiva, guidata dal sindaco e composta da una giunta cittadina. Vi era poi un Decurionato(attuale consiglio comunale), a cui erano demandate le decisioni di maggior interesse collettivo.
Il controllo della giustizia era affidato ad un regio-giudice, espressione diretta del potere borbonico, che si occupava del mandamento di Sommatino e Delia. Presente era allora, tra le più rilevanti cariche pubbliche locali, anche il regio esattore delle tasse, con il non certo bel compito di esercitare, specie verso la povera gente, una sorta di metodica fiscalità vessatoria.
L'economia del luogo era prevalentemente trainata dalla vicina miniera di zolfo Trabia-Tallarita e da altre piccole miniere estrattive vicine al paese, tra cui quelle di Lago Montagna e Gallitano, che davano lavoro a quasi la metà della popolazione maschile.
Va ricordato che, tra gli anni '30 e '40 dell'Ottocento, grazie all'abbondante richiesta estera di zolfo, si era verificata un'impennata della produzione, con positivi risvolti economici per i territori interni dell'isola, tra cui le provincie di Agrigento e Caltanissetta. Ma il rovescio della medaglia era stato quello della ricaduta negativa verso le produzioni agricole locali, con lo sconvolgimento dei seminativi delle campagne circostanti le miniere, a causa dei fumi di zolfo. Così si lamenta, in una intrusione realistica di possente metafora, il personaggio di don Matteo Scala nella novella "il fumo" di Luigi Pirandello:"Noi rimaniamo qua, come tanti allocchi, con le ossa rotte dalla fatica e le tasche vuote". Unico guadagno: le nostre campagne bruciate dal fumo".
Sul versante annonario, in quegli anni, i pochi pastifici presenti in paese, non erano sufficienti al fabbisogno della popolazione e molto frequenti erano i periodi di penuria di pasta e pane. A ciò si aggiungana - come riportato in diverse relazioni del tempo - qualche caso di "speculazione di panettieri a danno dei compratori", come dimostrano le frequenti missive dell'amministrazione comunale all'Intendente di Caltanissetta per avere direttive in merito.
In una di queste lettere, datata 1853, le autorità locali, dopo aver fatto riferimento alla frequente "calamità che affligge gran parte del pessimo raccolto e le produzioni" e alla misera condizione della popolazione, si passa a spiegare che, a Sommatino , in quel periodo, sono presenti, quattro fornai" che danno pane a questa classse di zolfatari, con consumo di circa quattro salme di frumento al giorno(...)non sufficienti". La conclusione è, che a causa di tali circostanze, si è di fronte ad una speculazione nella vendita di beni di prima necessità.
In seguito a quella situazione, nel luglio 1854, si avranno casi di arresti di panettieri, su disposizione dell'allora locale regio giudice Giuseppe Moscato.
Tuttavia, la grave situazione della penuria di pane aveva costretto le stesse autorità municipali, al fine di una mutua cooperazione, ad istruire una sorta di "colonna frumentaria" per far fronte ai bisogni alimentari primari della comunità.
Così scrivevano il sindaco Domenico Morsillo e l'arciprete Salvatore Verde all'Intendente della provincia, conte Rosso di San Secondo:

"(...)urgenza pulsante(...)al fine di un nobile e disinteressato disegno di provvedere alla bassa gente(...), con qualche offerta in denaro, o in frumento,(...)spinge alcuni cittadini, animati dallo spirito filantropico, dotati di sentimenti umani e forniti di sociali pensieri, a venire incontro a qei disagi"(4).
E concludevano, dando informazione che le somme raccolte sarebbero interamente servite, per qualche tempo, a sfamare la povera gente del paese.
Il quadro storico sin qui accennato, caratterizzato dal basso tenore di vita delle masse, dalla scarsità dei trasporti e delle comunicazioni, dall'arretrata organizzazione commerciale, dall'assetto sociale primitivo e patriarcale, dalla schiacciante prevalenza di un agricoltura di tipo feudale, facevano -ancora in quella fase - di Sommatino(e della Sicilia più in generale), una società profondamente arcaica.
Scrive lo storico Rosario Romeo: "Le vicende economiche di quei decenni non modificano dunque sostanzialmente la fisionomia della società siciliana, quale ci è già apparsa nel Settecento. L'isola rimane caratterizzata da una struttura agrario-feudale che irretisce tutte le manifestazioni di vita sociale e conserva ad esse un carattere arcaico tradizionalista. L'atmosfera semifeudale che domina ancora sulle campagne si riflette anche sui rapporti sociali e sulla funzione economica delle città"(5).
Queste le tristi condizioni anche della popolazione sommatinese nel decennio 1850-60.





3. Cfr S. SOMOGY. La mortalità nei primi cinque anni di vita in Italia 1863-1865,Palermo 1967.
4. ASCL.
5. R. Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, editori Laterza, Roma-Bari edizione 1989.
Filippo Falcone

Edizioni dei Quaderni
Caltanissetta, Dicembre 2011





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