La Terra Trema Alle
Sorgenti Del Salso

di Mario Siragusa


Le Madonie sono storicamente considerate dai geologi un’area a sismicità medio-bassa. Generalmente si è registrate, specie se facciamo riferimento all’area delle sorgenti del Salso e dintorni, una sismicità inferiore ai 5 gradi della scala Mercalli (il grado di sismicità relativo viene principalmente attribuito in base all’entità dei danni prodotti). Ci sono state però delle eccezioni nel corso della storia del territorio. Circa due settimane fa la terra è tornata a tremare tra Gangi e le Petralie, ma senza produrre danni significativi. Ma questa è una lunga storia che affonda le radici nella notte dei tempi . Anno del Signore 361/364-65 . La zona di Gangi presentava due insediamenti più o meno grandi. Il loro nome ? Di uno conosciamo la denominazione. In un sito infatti, una contrada chiamata non casualmente Gangivecchio , si individuano, a ragione, le origini antiche e medievali dell’attuale Gangi (certamente non esistente in età normanna sul Marone, come ai nostri tempi da altri singolarmente asserito). Gangi, come attesta uno storico del Trecento, in età normanno-sveva ed angioina si chiamava Ganges /Gangies/Gangia e poi Gangium, non certamente Maqarah. Il centro madonita allora non poteva essere identificato col castello arabo-normanno di Maqarah che poteva, invece, essere altrove (in prossimità del territorio di Gangi e di Sperlinga). Se sono valide le interpretazioni testuali su fonti arabe di alcuni studiosi (Amari), tra cui oggi il prof. Trovato dell’Università di Catania ed il professor Santagati (esperto di itinerari antichi e medievali), aggiunte alle risultanze archeologiche della ricerca di un gruppo di studiosi dell’Archeoclub d’Italia di Sperlinga (tra i quali ci sono impiegati o funzionari della Soprintendenza e collaboratori della stessa; in proposito vedi il volume AA.VV., Sperlinga, Novagraf) doveva trovarsi quasi certamente in contrada Vaccara (Sperlinga). Ma numerose altre considerazioni emergono dall’analisi di fonti scritte ed archeologiche (ce ne occuperemo in altra sede). Comunque, altre soluzioni sono possibili riguardo l’ubicazione di Maqara. Pensiamo doversi escludere il sito del Marone come abitato in età arabo-normanna. Tale congettura, pensiamo errata, è nata nel XX secolo (sarebbe uno spreco di risorse pubbliche finanziare progetti su un qualcosa di mai esistito sul Marone- Gangi normanna-come del resto attestano ufficialmente gli archeologi, ad es. Pancucci). La posizione geografica di Maqarah rispetto a Sperlinga, indicata da Edrisi (“Il Gran Libro di Ruggero”) costituisce un ulteriore elemento che smentisce la tesi di una sua collocazione sul citato monte in età normanna. Infatti, il geografo arabo scriveva che rispetto al citato centro (o meglio castello: Maqara), Sperlinga era posta verso Meridione. Allora Maqara non poteva essere sul Marone . Non era il nucleo fortificato originario dell’attuale Gangi, come altri in modo inesatto scrivono (ad es. Salvatore Farinella ). Corrette sono le indicazioni topografiche di Edrisi. Non sempre le distanze, riportate dai geografi medievali, erano corrette, come sostengono oggi gli esperti di antichi itinerari (L.Santagati). Più corrette erano però le posizioni geografiche rispetto agli assi cardinali. Infatti, Nicosia è descritta dal nostro geografo come posta a "levante", a oriente di Sperlinga. Così era ed è ancor oggi…Ma riprendiamo il filo del nostro discorso. Un altro sito di una certa importanza esistente tra Gangi, Petralia ed Alimena, era quello di Alburchia. Alcuni vi hanno voluto vedere una connessione storica con l’antica Engio o con Erbita, potente città d’età greco-sicula e romana. Scriveva nel 700 un erudito gangitano (Gandolfo Felice Bongiorno) su questo sito. Ricordava che i contadini di allora chiamavano quella località “Arbuta” (possibile evoluzione dialettale di Erbita, come sospettò lo stesso studioso, poi più incline ad individuarne l’antica città di Erbula). Di cosa vivevano gli abitanti dell’area? Naturalmente e fondamentalmente di agricoltura e di allevamento . Avevano le loro gerarchie sociali con a capo un gruppo di nobili e guerrieri affiancati da un ristretto gruppo sacerdotale. Un giorno del 361 D.C., quelle popolazioni che vivevano nei pressi del Salso, sentirono un forte boato proveniente da sotto i loro piedi. Ne seguirono altri. Gli edifici maggiori ( tempio . edifici privati signorili, terme, secondo ipotesi fatte oggi sull’area di Gangivecchio, e ad Alburchia dove il Bongiorno ci parla di una “torre dei bagni“) dovettero essere attraversati da forti tremolii e da crolli. Le case e le capanne che costituivano l’abitato di Alburchia dovettero in parte crollare. Infatti, la tecnologia costruttiva delle stesse, fatta di pietre non grandi e poi di tetti con tegole o strutture fragili (costituite talora da pietre alla base e muri in frasche, legname ecc.). Queste non dovettero reggere all’impatto delle forti scosse di terremoto che colpirono l’area. I geologi oggi parlano di un forte cataclisma geologico che si abbattè sull’area:”strong earthquake” (Dipartimento di Scienze Geologiche di Catania). La devastante attività sismica dovette avere origine sottoterra, a causa di una faglia apertasi tra Monte San Salvatore ed Alburchia (e dintorni). L’intensità di quel terremoto è stimata dai geologi tra l’ ottavo ed il nono grado della scala Mercalli. Allora dovette probabilmente registrarsi il crollo di parte dell’altipiano di Alburchia e di quello di Gangivecchio. Se gli archeologi oggi parlano in quest’ultimo sito di strutture murarie alla profondità di 5 metri e di una stratigrafia geo-archeologica sconvolta da fattori esogeni, una qualche ragione ci sarà stata. Uno di questi fattori può essere stato originato da quel terremoto e da altri similari di quegli anni. Ferite geologiche, queste, ancora evidenti nella zona di Gangivecchio (contrada a’Lavanca e nel tipico”taglio netto” che Alburchia dovette subire nella sua morfologia geologica, ancoro oggi visibile, anche da lontano). Gli abitanti di Gangivecchio (Engio) ed Alburchia dovettero pensare che il cataclisma potesse essere manifestazione dell’ira di Poseidone, dio dei terremoti ( ma anche del mare e delle sorgenti). Il suo culto, o comunque la conoscenza di tale credo pagano in loco , oggi è testimoniato da alcuni reperti monetali. Ad es. nel locale Museo civico è conservata una moneta del III secolo a.C. ritrovata proprio nella zona di Alburchia che sul diritto mostra la testa del dio e sul recto un tridente affiancato da delfini. Inoltre, una curiosa leggenda su un monte nei pressi di Gangi e un rilievo, inciso in una pietra, a forma di tridente, associati, fanno pensare all’esistenza di tale culto anche a Gangivecchio (il secondo segnalato alle autorità preposte pochi anni fa dall’Archeoclub d’Italia sede di Gangi). E’ possibile che anche nuclei cristiani, siamo dopo l’editto di Costantino, risiedessero in quelle terre e si rivolgessero a Dio per aver salva la vita. Infatti, secondo il prof. Santi Mazzarino ad Alburchia ci sarebbero state alcune tracce archeologiche di ciò (in Naselli, Engio e Gangi). Lo stesso potrebbe dirsi per Gangivecchio dove dei reperti scoperti dal prof. Glenn Storey (Iowa University) potrebbero far pensare alla presenza in loco di proto-cristiani (in particolare un reperto attribuibile ad età e credo cristiani, in alternativa attribuibile al culto pagano di Iside, sempre del IV sec.). Dopo, o durante, le tremende scosse la popolazione dovette recarsi nei luoghi di culto a pregare per sé e per i propri familiari superstiti . Pare, infatti, che il terremoto avesse fatto delle vittime. Gli archeologi lo desumono da alcune anomalie di seppellimento. Sono state ritrovate tombe a sepoltura multipla, fatto strano per la cultura romana. Glenn Storey ed i geologi pensano che questo fosse dovuto a modalità di seppellimento frettolose frutto dell’evento straordinario che quelle genti stavano vivendo. Si diceva, ognuno pregò i propri dèi. Ad Alburchia, ma stimiamo anche a Gangivecchio, doveva essere ancora vivo il culto della Magna Mater (Demetra/Cibele). In un’area santuariale, sacra ivi individuata dai recenti scavi della Soprintendenza di Palermo, sono state notate e confermate delle anomalie strutturali in nicchie votive del monte (2015). Queste sono ricondotte dai geologi ad un serio e grave evento geologico . Si crede possa essere stato determinato dal forte evento sismico del 361 D. C. . Sono stati rilevati fenomeni di disallineamento strutturali delle nicchie ( di 15 cm ma anche di 80 cm). E’ comunque possibile che si fosse trattato di una serie di pesanti sciami sismici che ad intervalli avessero colpito l’area in oggetto negli anni Sessanta di quel secolo. Infatti pochi anni dopo uno tsunami devastante e un fortissimo terremoto colpirono , con epicentro Creta, l’intero Mediterraneo (365 D.C.). I suoi effetti si fecero sentire nell’interno della Sicilia. Gli effetti di ciò sulla popolazione ? E’ possibile che parte dei siti, teatro del sisma, siano stati in parte o progressivamente abbandonati. Infatti, il fenomeno dovette ripercuotersi seriamente su ville ed insediamenti madoniti, nebrodiensi e degli Erei. Nel Novecento, Santi Naselli (al quale non mancavano frequentazioni e consulenze di illustri antichisti ed archeologi) ipotizzava, sulla scorta delle emergenze archeologiche, che il sito di Alburchia potesse essere stato abbandonato, dopo tali eventi sismici. Infatti, un dato archeologico gli suggerì una tale soluzione. Il suo ragionamento, facendo valutazioni sulla base di quanto scientificamente accertabile, era fondato sul fatto che la moneta più tarda ritrovata sul monte era un costantiniano di poco anteriore al cataclisma geologico sin qui delineato (306-337 D. C.). Gli archeologi oggi parlano di un sito ivi esistente sino al IV-V secolo. Mentre a Gangivecchio è oggi attestata una continuità di vita dall’età romana (in realtà pare vi siano elementi che possono portare ad una sensibile retrodatazione del sito ) a quella bizantina (ma tracce significative dell’età normanna, e sveva sarebbero stati trovati, tra queste dei reperti monetali di cui altri scrivono). Negli anni Settanta del secolo scorso si pensava che il sito fosse esistito solo alla fine dell’età repubblicana e nel corso di quella imperiale. Il progredire dei pochi studi e conoscenze archeologiche ha permesso di ampliare la cronologia di vita del sito (sede della Gangi originaria, che quasi certamente diversi secoli or sono poteva essere la ciceroniana e diodorea ENGIO, come del resto suggeriscono anche il toponimo e una consolidata tradizione storiografica ). Fu questa in età medievale la sede dell’assedio condotto nel 1299 dalle truppe militare di Federico III di Sicilia, le quali ne sancirono la fine ma anche una nuova rinascita in altro sito (il Monte Marone, come fior di eruditi e storici del passato – Fazello, Amico, Villabianca ecc. -correttamente hanno scritto e tramandato per tanti secoli, prima degli abbagli di articolisti e bloggers odierni che provano a riscrivere la nostra storia in modo improprio ed antistorico.

Bibliografia
P. Broquet, ‘Etude geologique de la règion des Madonies (Sicile), Palermo, I.R.E.S.
G. Barreca, M.S. Barbano, S.Carbone-C. Monaco (Department of Geological Sciences, University of Catania), Archeological evidence for Roman-age faulting in central-northern Sicily:Possible effects of coseismic deformation, in The Geological Society, Special Papers 471, 2010
S.Naselli , Engio e Gangi, Palermo, 1982
S.Naselli, L’inesplorato monte Albura o Albuchia: nei rinvenimenti archeologici , nella leggenda e nella storia, Castelbuono, Tip. Le Madonie, 1951;
M.Siragusa, La città scomparsa della montagna incantata tra archeologia e storia della Sicilia, in R. Franco ( a cura), Alburchia. La montagna incantata, Bagheria, Plumelia 2011
S.C.Stiros, The A.D. 365 Crete earthquakes from archeological data…, in Journal of structural Geology, n.23, 2001
Si veda anche Il mio articolo sulle antiche origini storiche della sagra della spiga su L’osservatorio.info;

Articolo del 25/02/2017 di Mario Siragusa


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