LA TORRE DEI VENTIMIGLIA DI GANGI: IL PINNACOLO, IL CAMPANILE E LA “MATRICE”’ TRA CONTI, GEROSOLIMITANI E CLERO
(sec. XIV). Rilievi ad un articolo di Salvatore Farinella.

di Mario Siragusa


Foto di G. A. Scarpa La cosiddetta “torre dei Ventimiglia” di Gangi, maestosa e possente struttura architettonica (esistente oggi presso la piazza principale del paese) a tre piani e corredata da bifore in stile gotico o tardo gotico,è stata etichettata come edificio inizialmente signorile (XIV sec.) e poi, sulla base dei documenti di età moderna, campanile della locale Chiesa Madre intitolata a San Nicolò (secondo i documenti dal XVI secolo , se non da prima). Suscita ancor oggi lo stupore e la meraviglia dei turisti che visitano Gangi. E’ stata di recente definita da due studiosi come:<<uno dei più straordinari quanto enigmatici monumenti medievali siciliani>>(N.Castro e A. Pettineo). Su di essa sono state formulate una serie di ipotesi riguardo i seguenti argomenti: la sua genesi, i suoi costruttori, i suoi proprietari, le sue funzioni, a fronte della dispersione e scomparsa delle antiche carte che la riguardavano. Non sono stati ancora trovati elementi documentari che smentiscono la tradizione e l’interpretazione più accreditata che la vorrebbero fatta erigere nel medioevo dai conti di Geraci Ventimiglia (anzi l’Alaimo ne attesta con precisione la data di costruzione: 1337). Non è provato invece, come di recente immaginato e proposto da alcuni, che fosse stata torre civica e porta di città (inserita in un circuito murario difensivo) nel Medioevo . E neanche lo è stata in età moderna, quando i limiti fortificati del paese furono spostati nei pressi della sottostante Chiesa del SS.mo Salvatore. Non c’è alcuna prova storico-documentaria che vi fosse stata all’interno della torre dei Ventimiglia una sala per le riunioni del tribunale del borgo e della locale corte dei giurati (amministratori comunali). Nessuna fonte scritta lo dice o ce lo suggerisce. Dubbi sull’ipotesi che vede nella torre dei Ventimiglia un’originaria porta d’ingresso inserita nel sistema difensivo murario della Gangi medievale sono stati espressi anche dal team di ricerca e studio, guidato da Paolo Mattina e Maurizio Rotolo, nell’ambito del progetto di restauro della medesima struttura: <<l’argomento resta di difficile valutazione dal momento che non vi sono resti della cinta difensiva, né tantomeno esistono edifici limitrofi che si possono far risalire alla medesima epoca. […] Le sue murature, così traforate, non si sarebbero prestate alla difesa durante un attacco o un assedio>>. E’ opportuno fare alcuni rilievi su una nuova ipotesi illustrata su queste pagine nei mesi scorsi [ndr, Espero, La Chiesa Madre di Gangi…, novembre 2013 a firma di S.Farinella]: il pinnaculum della Chiesa Madre, cui accennano i documenti cinque-secenteschi, sarebbe stato riferibile a una torre già civica (senza guglia sulla sua sommità, si tiene a precisare) e dunque, sarebbe stato solo un luogo di riunione assembleare pubblico. Questa ipotesi, intanto, non tiene conto del fatto che il termine <<pennaculum>> o <<pinnaculum>> (parola latina tardomedievale tradotta principalmente nei nostri dizionari nel senso di pinnacolo, guglia, e che rimanda anche a fastigium=cuspide, punta, e dunque pinnacolo, od anche sommità di un edificio) -riferito e accostato nelle fonti coeve al quartiere del pinnacolo della Chiesa Madre - non sia filologicamente e semanticamente traducibile col significato di <<torre>> civile o civica (costruzione che nei documenti medievali e moderni veniva indicata invece con la parola “turris”). Da tale base, alquanto friabile, l’articolista giunge a fare le seguenti congetture ed accostamenti: pennaculum, vale a dire torre senza pinnacolo o guglia, fatta coincidere con la cosiddetta torre ventimigliana, e dunque, autonoma sede laica e istituzionale del consiglio e dell’amministrazione comunali ( specie in età medievale, ma mancano oggi i relativi documenti coevi utilizzabili come fonte di prova). A nostro modesto avviso, non era così. A rigori, nei documenti coevi si parla di “pennaculum” della Chiesa madre ma non si indica in modo univoco dove fosse collocato. Gli organi comunali citati si riunivano invece nella pinnata (tettoia o porticato) della Chiesa Madre e/o in una apposita <<casa giuratoria>> (di cui abbiamo però notizie certe risalenti al XVIII sec. e comunque non coincidente con la nostra torre ecclesiale) [ndr, rif. in: Libro esiti Università di Gangi, aa. 1782-83, conservato nel locale arch. storico comunale]; <<casa>>, si badi bene, non << torre>> giuratoria o dell’Università. Nessun documento (medievale o successivo) cita la torre dei Ventimiglia come sede istituzionale civica (cioè di proprietà comunale) o “palazzo di città”. Gli organi comunali, come il consiglio, vennero ospitati nelle strutture della Mater Ecclesia (lo stesso avveniva in altri paesi vicini dove la Chiesa ospitava le riunioni pubbliche: Petralia Sottana,Castelbuono, Caltanissetta , Paternò- presso un locale convento - ecc., mentre a Polizzi, città demaniale, è invece documentata nel XV sec. la costruzione di un “tocco” civico ). Infatti, dal documento più risalente conservato nell’archivio di Gangi, sappiamo che originariamente il consiglio del borgo o “terra” si riuniva all’interno della Chiesa Madre (pensiamo secondo un antica consuetudine che ritroveremo nella prima metà del XIX sec., attestataci ad es. da documenti della locale confraternita del SS.mo Rosario di S.Nicolò ). Peraltro non sono indicate in modo chiaro e scientificamente verificabile, nell’articolo in questione (La chiesa madre di Gangi, ivi, novembre 2013), le fonti alla base di una tale ipotesi. Tuttavia, una pianta topografica di Gangi dell’ing.Li Pani nota all’articolista, rappresenta una torre attigua alla Matrice (carta della prima metà XIX sec. ma forse parzialmente ispirata a carte molto più antiche, visto che i limiti del paese sono fatti ivi coincidere nei pressi o poco sopra l’attuale piazza sede della struttura architettonica di cui stiamo scrivendo, mentre allora i suoi limiti, in realtà. erano più estesi; il che farebbe pensare ad un’ispirazione relativa a un modello topografico di riferimento trecentesco-quattrocentesco, magari riadattato ai tempi) . Di quest’ultima, se ci si consente una breve digressione, non sono assolutamente documentate le presunte origini normanne, frutto di una nuova ipotesi (ivi. art. cit.). Appare invece fondata (sulla base di evidenti ragioni toponomastiche, archeologiche, documentarie) la plurisecolare tradizione storiografica che narra di una rifondazione del paese sul Marone nel XIV secolo, dopo la distruzione e spopolamento dell’omonimo antico centro posto in località Gangivecchio. Ciò avvenne in seguito all’assedio del 1299 portato avanti dalle truppe di Federico III di Sicilia . Invece’ oggetto di forzature e scarsamente convincente appare la recente tesi revisionista che vuole la Gangi medievale non distrutta nel XIV sec. e sita sul Marone sin dall’età normanna! Ma torniamo alla su citata fonte cartografica. La cartina topografica del paese redatta dal Li Pani evidenzia un edificio connesso architettonicamente alla Chiesa di San Nicolò (nello schizzo, la Chiesa Madre è distinguibile per la cupola) che presenta la sommità terminante a punta triangolare o meglio conica o piramidale (così doveva essere nella realtà): sembra proprio la nostra torre campanaria. Si trattava di una cuspide cioè di un motivo architettonico sommitale terminante ad angolo acuto. Siamo dunque, in seno al concetto di pinnaculum e del suo sinonimo latino fastigium:”…cosa di forma conica, piramidale o triangolare, che si restringe verso l’alto”.[ndr, vedi ad es.: Dizionario Latino-Italiano di Conte,Pianezzola, Ranucci]. Le frequenti o ricorrenti scosse telluriche e gli agenti atmosferici, oltre a problemi strutturali inerenti la stabilità del nostro campanile, dovettero causare il crollo in epoca remota di un ipotetico originario pinnacolo o guglia, cui dovette rifarsi l’aspetto sommitale della torre nel XIX sec.. Ad es. problemi di tal natura sono riferibili alla storia della torre ventimigliana e , come narra il Nasello, alla stessa Chiesa, la cui cupola fu soggetta a diversi crolli tra XIX e XX secolo, allorquando si registrarono diversi interventi manutentivi e di restauro a tutela del citato campanile (Fausto Randazzo). Lo stesso termine pennaculum non richiama però automaticamente e necessariamente una sua identificazione col termine campanile. La struttura campanaria veniva così espressamente indicata in documenti di età moderna, a proposito di alcune chiese madonite, con le seguenti espressioni : <<campanile>> o <<campanaro>> (parola quest’ultima di derivazione spagnola). Riguardo Gangi e la sua Chiesa Madre, abbiamo trovato tale termine (campanile) in riferimento alla costruzione di muri a secco e di sedili in pietra nelle adiacenze di tale edificio (1708) e a fine ‘700 ( in un documento concernente l’apposizione sulla torre campanaria di alcuni <<coppi>> per le <<luminarie>> rituali o processionali). Queste si che sono alcune notizie certe e documentate sulla torre dei Ventimiglia:nei documenti coevi abbiamo dei chiari riferimenti alla nostra torre . Non abbiamo prima di allora nelle fonti scritte locali un uso chiaro ed univoco del termine in questione (ad es. <<pinnaculum seu campanile>> “seu” =”ovvero”,” o meglio”) per far luce in modo netto sulla questione. Quindi , l’accostamento di più o meno rare riunioni che, come si scrive nell’articolo citato, sarebbero state tenute <<intus pinnaculum>> (termine però, sempre e comunque significativamente riferito alla Chiesa Madre e non a strutture edili di proprietà comunale) con il termine “campanile” non è certo. Del resto dal punto di vista della capienza strutturale ben difficilmente è ipotizzabile un utilizzo della nostra torre campanaria come sede di riunioni consiliari, anche per l’ampia base di partecipanti tipica di tali consessi nel medioevo ( e tale usanza non sparirà del tutto neanche in età moderna, allorquando nei comuni feudali come Gangi verrà istituito il cosiddetto “Consiglio dei Quaranta” ). Anzi la stessa espressione usata in qualche documento non chiaramente indicato (nell’art. citato ), vale a dire <<intus pinnaculum>>, potrebbe in realtà essere stata interpretata in modo inesatto .Infatti, da un documento del 10 gennaio 1573 , tratto da un registro notarile di notar E. De Salvo (f.151) conservato presso il locale archivio storico comunale, si evince che non si tratterebbe di “intus” (“dentro”) ma di altra parola, scritta in forma abbreviata, probabilmente Iu(x)ta. Per cui abbiamo <<Iu(x)ta pinnaculum>>, traducibile così: << vicino>>, <<di lato>> o <<accanto al pinnacolo>> (particolare sommitale a punta che poteva sorgere sulla stessa Chiesa o sul vicino campanile e che trasmetteva la propria denominazione alla struttura architettonica a questa connessa). Pensiamo che la “u” di <<iu(x)ta>> sia stata interpretata in modo inesatto come “n”((da cui <<intus>>). Infatti, la pennata (sede assembleare) era collocata in tale posizione rispetto a torre e Chiesa e cioè: nelle sue vicinanze. Ne conseguirebbe che in alcun modo la torre ventimigliana si sia mai prestata ad essere stata concessa o usata come struttura di interesse pubblico, civico (né direttamente , né indirettamente nel caso fosse corretta ed accertata in questo caso l’identificazione campanile=pinnaculum). E ciò anche quando era sicuramente una struttura religiosa (almeno dal XVI sec., se non da prima). Del resto, sembra alquanto improbabile che un consiglio si riunisse dentro un campanile, specie se il primo avesse avuto (come in realtà ebbe) delle ampie basi partecipative. L’espressione che indica che a parteciparvi dovesse essere <<la maiorem partem populi>> (la maggioranza del popolo, cioè dei capifamiglia del borgo), come nel caso delle assemblee degli anni Settanta del XVI secolo, rendeva inidonea una tale struttura allo scopo. Il campanile aveva allora una precisa funzione religiosa e nient’altro. Del resto la pennata o la stessa chiesa madre erano strutture più confacenti e idonee allo scopo. Bisogna vedere inoltre come i vari notai, fonte primaria di tali notizie, intendessero volta per volta e nel corso del tempo il significato di “pinnaculum” (perché tale parola per sua natura è polisenso, specie se riferita e spiegabile indirettamente con la parola fastigium che aveva anche dei significati secondari, oltre a quello principale sopra indicato). Comunque, l’interpretazione prevalente e comune ( quella di guglia, pinnacolo o cuspide) ci appare quella più pertinente ed appropriata (del resto anche altre Chiese siciliane e madonite erano allora corredate da tali elementi architettonici che avevano un valore simbolico forte, particolare e non secondario o puramente decorativo come qualcuno vorrebbe). Non a caso alcuni campanili di chiese, accostati architettonicamente alla nostra torre campanaria, presentavano una guglia o pinnacolo sulla loro sommità. E’ il caso di quelli della Matrice Vecchia di Castelbuono, del duomo di Nicosia (in riferimento a quest’ultimo, una tradizione, riportata dal Nasello in “Engio e Gangi”[ndr, Palermo, 1982, p.72], narra che i suoi costruttori avessero in precedenza lavorato all’edificazione della torre dei Ventimiglia di Gangi), della chiesa di San Giovanni di Enna (che in passato mostrava una tale soluzione architettonica, secondo il Leopold), della Chiesa di Santa Maria di Randazzo ecc.. Non sempre i campanili presentavano delle alte e slanciate strutture coniche o piramidali sulla sommità (era ad es. il caso del duomo di Cefalù). Abbiamo anche dei casi di cuspidi e guglie o pinnacoli meno vistosi, di dimensioni più ridotte. Questo avvenne specie in una prima fase storico-architettonica (ma anche dopo, come dimostra ad es., a Gangi la guglia della Chiesa del Carmine). Questi elementi architettonici, su alcuni dei citati i campanili conclusi a guglia (quelli di Enna, Castelbuono, Nicosia ecc.) si presentavano aperti alla base da grandi archi, sorretti da robusti piloni, e, talora, affiancati o collegati strutturalmente a porticati (pennate). Una ipotetica concessione ecclesiastica di siffatte strutture come sedi dei consigli civici non ne mutava lo status patrimoniale, facendole divenire di proprietà comunale (palazzo comunale). Tali porticati, talvolta collegati alle torri campanarie o posti nelle loro adiacenze, potevano, per ipotesi, essere oggetto di un’applicazione estensiva ed un po’ impropria del termine pinnaculum riferito originariamente alla guglia sovrastante l’edificio religioso o alle sue immediate pertinenze: per cui poteva scriversi che le riunioni civiche si sarebbero tenute <<intus pinnaculum>> della Chiesa di riferimento . Scriviamo questo se mai fosse vera e corretta l’ipotesi di riunioni comunitarie <<interne al pinnaculum>>.In realtà, le cose andavano diversamente. Non abbiamo alcuna prova storica di un siffatto utilizzo in Sicilia. Lo stesso dicasi per Gangi.Ad una analisi più attenta, a noi risulta dai documenti che il consiglio civico locale nel 1563, e pensiamo secondo un’antica tradizione, si riuniva semplicemente <<intus Matricem Ecclesiam>> dunque <<in chiesa>>, ed ivi non si accenna ad alcun pinnaculum)[arch. storico comune di Gangi, spezz. notarile del 1563, notaio?]. In realtà, nel caso di Gangi, (se mai siano avvenute riunioni di tal fatta <<intus pinnaculum>>, termine quest’ultimo usato un po’ impropriamente ed in senso estensivo, se mai si sia avuta e sia valida una tale equivalenza terminologica) poteva trattarsi del porticato attiguo o (forse) connesso architettonicamente alla Chiesa (posto in prossimità del lato sud della stessa). Non è però chiaro se a Gangi la <<pennata>> (termine più appropriato usato nei documenti atto ad indicare un porticato o tettoia) fosse collegata strutturalmente con il campanile. Ad ogni modo, alla luce di quanto prima scritto, le riunioni civiche si tenevano nelle vicinanze del pinnacolo della Chiesa Madre (particolare elemento architettonico un tempo probabilmente posto sul medesimo tempio o sulla vicina torre campanaria): sotto la tettoia o porticato di cui sopra (pennata). Quest’ultima ci sembra l’interpretazione più convincente sul piano storico e filologico. Propendiamo maggiormente per una distinzione semantica, di significato tra pennata e pennaculum, I campanili talora potevano essere definiti <<pennaculum>>. Un termine applicabile anche a delle cupole particolari - le cosiddette cupole a pinnacolo - o riferibile in genere alle sommità e ai frontoni delle chiese, o ancora a cupole sormontate da sottili e aguzzi elementi architettonici . Da una nostra ricerca , circa la corrispondenza fra i due termini (campanile = pennaculum), risulta, su un piano generale, che essa sia rara o prossima allo zero (e a 0 nei documenti d’archivio consultati o da altri riportati in studi relativi a Gangi e dintorni). Ad ogni modo difficilmente avremmo l’identità tra i due termini, a meno che questo non avesse avuto una peculiare terminazione piramidale o conica, e comunque a punta . Dobbiamo vedere come secoli fa venisse inquadrata la questione, al di là di valutazioni che oggi possiamo fare sul tema. Un prevosto patavino nel 1690, significativamente, parlando del tetto di un tempio cristiano, rifacendosi alla lezione di tal Menochio, sosteneva che questo (il tetto) <<finiebat instar pyramidum acutum, ubi erat pinna […] & ab ipsa pinna summitas templi vocabatur pinnaculum>>. Dunque, il tetto, a forma di piramide acuta sormontato da una pinna (pinnacolo), connotava e dava il nome alla sommità del tempio. Lo stesso discorso potrebbe applicarsi alla nostra torre gangitana (o alla nostra chiesa): la parte sommitale conferiva la denominazione anche alla sua struttura portante (e a quelle eventualmente ed immediatamente collegate architettonicamente). Ad ogni modo, chi ritiene improbabile la tesi di un pinnacolo o guglia presso la “Matrice” di Gangi, ammette però la possibilità che un imprecisato “pinnaculum” di un “hospitale”, di cui si parla in un documento benedettino del 1366, possa interpretarsi come guglia (vedi Espero nov.2013, art. cit. su “la Chiesa Madre”). Intanto non si capisce perché nel caso del “pinnaculum” della Matrice ( da noi rilevato sulla base delle indicazioni documentarie) non debba valere la stessa e più generale accezione. Perché si debba cambiare il significato di tale parola ( mutandolo in torre, operazione filologicamente non proprio corretta ) non è chiaro… Inoltre, segnaliamo allora che i documenti ci parlano di un pinnacolo e di un quartiere detto dell’ospitale associati ed entrambi riconducibili alla medesima Chiesa Madre e/o alle sue adiacenze (‘500-‘600). Solo in quest’area e caso,secondo le fonti, troviamo a Gangi l’associazione o compresenza dei due termini. Guarda caso un pinnacolo ed un ospedale, anticipati dalla fonte trecentesca citata, sono entrambi segnalati dalle fonti successive proprio (e, pare, solo) nei pressi della Chiesa Madre: <<q(uarte)ri dell’ospitale seu sotto della Matrice Ecc.(lesi)a>> (1683). Una nuova denominazione (quartiere dell’ospitale,si noti come un simile toponimo a Gratteri indicasse il quartiere dei Cavalieri di Malta) che dovette sostituire quella di quartiere del pinnacolo della Chiesa Madre. Potrebbe trattarsi forse delle identiche e medesime strutture architettoniche in questione segnalate in due differenti fasi cronologiche dalle fonti, vale a dire l’anonimo pinnaculum dell’ospitale del Trecento potrebbe essere il medesimo di quello citato dalle fonti cinquecentesche- secentesche chiaramente riferite alla Matrice (in alternativa il riferimento può riguardare il SS.mo Salvatore, dove però esplicitamente i documenti medievali non indicano la presenza di una guglia; e nei documenti si fa riferimento solo alla Chiesa Madre non all’altra chiesa appena citata ) . Riguardo l’importanza delle guglie ricordiamo che queste erano componenti architettoniche ben visibili dai visitatori e dai vassalli di un borgo e dotate di un forte valore simbolico per cui potevano benissimo contrassegnare l’identità ed il nome di un quartiere. Non erano elementi secondari come qualcuno vorrebbe far intendere. Certa e documentata è la funzione di campanile della nostra torre ventimigliana. Per qualche studioso, come l’illustre prof. Enzo Maganuco e l’Alaimo, essa aveva delle più che probabili origini signorili e feudali (La chiesa di Gangi nell’era pagana e cristiana,Palermo, 1958) . Origini siffatte che ancor oggi potrebbero essere attestate e confermate da uno stemma gentilizio esistente su una porta di accesso all’edificio cultuale in esame (S.Nicolò), a pochi metri dalla nostra torre campanaria: notiamo alcune sue affinità iconografiche con lo stemma ottocentesco del già ventimigliano Comune di Geraci ( torre e Chiesa di Gangi, pare, sulla base dei documenti noti, siano coeve: trecentesche, e comunque non di età normanna come oggi indicato, senza alcuna prova documentaria, in una nota descrittiva ad uso dei turisti posta accanto alla medesima Chiesa di San Nicolò ; stesso discorso valga per le oggi asserite e presunte mura esistenti sotto la torre, classificate come normanne [?], ma senza prove documentarie o archeologiche riconosciute dalla comunità scientifica ). La torre dei Ventimiglia, come scritto, doveva essere stata molto probabilmente, se non certamente, di matrice signorile (così come vuole la tradizione). Sulla questione però è opportuno fare degli approfondimenti. La nostra torre è stata dunque di natura religiosa (campanile della Chiesa Madre e per qualche tempo sotto l’egida dei Cavalieri di Malta). Una relazione della Soprintendenza ai Monumenti di Palermo redatta negli anni Venti del Novecento (relazione Valenti) attesta che nel secolo precedente le insegne dei cavalieri di Malta (stemma) erano ben visibili su un arco della torre campanaria in questione. Nel suo “Ricordi di un viaggio in Sicilia”(1908, p.81) l’autore del famoso e popolare “Libro Cuore”, il De Amicis, qualche tempo prima, a conferma di ciò, descrive il paese parlando della <<torre dei Cavalieri di Malta>> identificandola con il bello e maestoso campanile della Chiesa di San Nicolò:<<Rapida sosta alla trecentesca Torre dei cavalieri di Malta, lenta e meditata alla Chiesa Madre: per il maestoso campanile a bifore del Trecento, per il capolavoro dello Zoppo di Gangi…>> . Chiara la paternità della torre secondo quanto raccolto a Gangi dalla memoria storica locale del tempo dall’illustrissimo scrittore. I Cavalieri di Malta a Gangi dovevano molto probabilmente gestire un ospedale (posto forse nei pressi della torre) e certamente avevano una chiesa (ndr, sin dal ‘400, secondo i documenti del citato Tabulario di S.Maria di Gangivecchio, f.28, a.1413) ed altre proprietà immobiliari ( varie case e il feudo Magione, posto dirimpetto al paese). A loro nel Medioevo era intitolata, più che un quartiere, una “contrada” di Gangi (pensiamo esistente nelle vicinanze della torre campanaria,antico toponimo ricordato ancor oggi dalla sovrastante via San Giovanni che parte dai pressi della omonima chiesa ritenuta fondata nel ‘500 dagli ospitalieri). Tale ordine cavalleresco ivi doveva avere la sede della precettoria o commenda (la nostra torre?). Tra i loro aderenti avevamo membri della nobile famiglia De Salvo (Giovanni tra ‘500 e ‘600) e il principe Pietro Valguarnera (XVIII sec.) e, più in generale, membri di qualche ramo della illustre famiglia Ventimiglia avrebbero aderito nei secoli all’ordine dei cavalieri di Malta e ne avrebbero nel medioevo facilitato il radicamento anche a Gangi (così come fecero con i benedettini). I feudatari del luogo erano avvezzi a fare concessioni (terre, chiese, esenzioni dal pagamento di gabelle ecc.) a vari ordini monastici . I Li Destri, baroni dal XVIII secolo, nel ‘600 con Antonio svolgevano funzioni di procuratori in favore dei Cavalieri di Malta (vedi il mio: Gli inquietanti legami dello Zoppo di Gangi, Leonforte, Lancillotto, 1997). A Gangi, come altrove, difficilmente i gerosolimitani, poi denominati cavalieri di Malta, avrebbero apposto il proprio stemma su un edificio di non loro pertinenza o proprietà. Del resto la loro presenza sulle Madonie era preesistente al radicamento dei conti Ventimiglia, in quanto si hanno loro notizie a Polizzi e a Gratteri risalenti al XII secolo. Anzi risulta che una loro sede in Sicilia (S.Giovanni di Fleri di Catania), accostata stilisticamente al duomo di Nicosia, aveva qualche caratteristica strutturale simile alla nostra torre (paragonata, lo ricordiamo, in termini architettonici anche alla citata chiesa nicosiana). Era in stile gotico. Aveva un grande portale ad arco sul quale era collocato lo stemma (“armi”) dell’Ordine in esame. Presentava delle bifore . E diverse sedi di commende ospitaliere potevano trovarsi ai limiti , ai margini di un abitato o fuori le mura, proprio come, nel medioevo, la nostra torre ventimigliana. Riguardo quest’ultima,i non deve stupire l’esistenza a Gangi di una così maestosa struttura tale da indurre alcuni a pensare erroneamente ad una sua funzione importante: ad es.di porta della terra o del borgo (più che di città). Del resto l’espressione “Porta della Terra” di Gangi (solo) oggi attribuita alla nostra torre campanaria non esiste in alcun documento (almeno chi ne ha parlato non ha precisato o specificato nulla in tal senso e neanche ci risulta che si sia trovato qualcosa in merito nei documenti medievali e moderni). Pensiamo di poter escludere che sulla torre campanaria dei Ventimiglia, alla luce di queste chiare testimonianze, ci siano mai state le insegne della “città” o meglio borgo (“terra”) di Gangi (del resto mancano le prove materiali di ciò), in quanto presunta e del tutto ipotetica “ torre civica” ( come qualcuno ha oggi immaginato a dispetto di una tradizione scritta ed orale che parla di tutt’altro). Dunque, per ragioni iconografiche anche tarde (copertura a bassa cuspide o pinnacolo), Disegno di G. A. Scarpa

Ricostruzione grafica di Giuseppe A. Scarpa: come doveva probabilmente apparire la Chiesa di S. Nicolò e Torre dei Ventimiglia in origine.


per ragioni filologiche dettate dalle fonti (in cui si parla del “pinnaculum” della Chiesa Madre e di un quartiere annesso poi detto dell’ospedale seu sotto la Matricis Ecclesi(a)e), per un raffronto tipologico con altri campanili siciliani( madoniti) e non siciliani, per la peculiarità dello stile architettonico (gotico) di cui le guglie erano una tipica espressione (tipologia architettonica che ritroviamo anche in campanili dei Cavalieri di Malta come a S.Giovanni Battista di Termini, una chiesa con campanile dalla guglia o cuspide a piramide maiolicata, e a S.Giovanni di Polizzi; stile maiolicato cui non era estranea fino al XIX secolo neanche la Chiesa Madre di Gangi), per il fatto che si trattava di strutture religiose che intrinsecamente erano corredate da tipiche soluzioni architettoniche del tipo in esame, e dunque per tutti questi motivi pensiamo che sulla Chiesa madre di Gangi o ancor più nelle sue pertinenze (non escluso affatto il suo campanile o torre dei Ventimiglia), con ogni probabilità, originariamente vi fosse stato un elemento architettonico sommitale a punta del tipo sopra detto. Un elemento scomparso, forse per ragioni di tenuta strutturale, e poi pare in qualche modo ripreso in epoca tarda (XIX sec., se non prima). Un elemento la cui traccia si sarebbe conservata nel relativo toponimo cinquecentesco (“pinnacolo della Chiesa Madre” da cui il quartiere omonimo ). In conclusione: la torre campanaria , questo sappiamo con ragionevole certezza sulla base della documentazione a nostra disposizione, è stata campanile della Chiesa Madre e, per qualche tempo, appannaggio dei Cavalieri di Malta (e non abbiamo ragioni sufficientemente documentate per smentire la tradizione ed asserire che non sia stata torre feudale dei Ventimiglia, come invece qualcuno propone). Dai Ventimiglia (se non è stata ex originis di proprietà di quell’ordine cavalleresco) potrebbe essere passata per donazione o per concessione regia, in seguito a una confisca dei beni nella quale più volte i turbolenti conti di Geraci incapparono nel medioevo, ai cavalieri gerosolimitani (magari prima del 1560-80) e poi al clero locale. Risulta estraneo sia alla tradizione ( secondo una memoria raccolta dall’Alaimo, la torre sarebbe stata anche sede carceraria della SS.ma Inquisizione) sia alle fonti scritte un suo qualsivoglia accostamento all’essere stata un’ipotetica sede autonoma (dai poteri feudali e religiosi) delle varie declinazioni delle magistrature dell’Università (Comune) di Gangi in età medievale e moderna.

Arch.storico com. Gangi, notar De Salvo, atto del 10-1-1573, f.151:<< Iu(x)ta pinnaculum>> (2° riga)


Foto di M. Siragusa

Torre dei Ventimiglia e scorcio Chiesa S.Nicolò. Foto di M. Siragusa.





Mario Siragusa
dottore di ricerca in storia contemporanea





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